tartufo

Salento, terra di tartufi (avete letto bene)

È facile, dicendo “Salento” e pensando alla tavola, evocare immagini di succulenti piatti di pesce, fragranti streetfood fritti come calzoni e panzerotti, piatti “poveri” (ma buonissimi) a base di verdure e legumi come la rinomata pietanza di purè di fave bianche e cicorie, o tutt’al più dolci della tradizione come i pasticciotti o i mostaccioli. Difficile trovare qualcuno che invece pensi al tartufo, prelibatezza di solito associata ai boschi delle alpi o degli appennini dell’Italia centro settentrionale. Eppure, oggi, vogliamo parlare di tre fatti poco noti: 1) i salentini amano (anche) il tartufo, 2) nel Salento esiste una tradizione (certamente residuale, ma ben documentata) di cultura del tarfufo e infine 3) in Salento ci sono ottimi tartufi, da gustare a km zero.

Proprio qualche giorno fa, l’Associazione Micologica Campiense, di Campi Salentina, ha organizzato un bellissimo incontro dal titolo “Salento, terra di tartufi”, dimostrando che sulle tavole del Tacco d’Italia il ricercato fungo viene apprezzato eccome. Ma la storia ha radici ben profonde: basti infatti pensare che già nel ricettario del 1778 il “Cuoco Galante”, opera del salentino Vincenzo Corrado, i tartufi comparivano come elemento in numerose preparazioni, a dimostrazione di come le classi alte ne apprezzassero l’utilizzo. D’altronde, molti non sanno che le coltivazioni interminabili di ulivi, così caratteristiche, sono una presenza relativamente moderna: gli alberi dell’olio hanno infatti rimpiazzato altrettanto vaste distese di querce, e proprio fra le leccete i porcari del tempo potevano approfittare del finissimo fiuto dei maiali per la ricerca dei frutti ipogei. Scomparse le leccete, si perse per un pezzo anche la memoria, fino a che il rimboschimento messo in atto nel secondo dopoguerra, pini d’Aleppo e pini domestici arrivarono a popolare la terra del sud sud est, creando fra le loro radici l’habitat adatto alla crescita degli scorzoni e dei cugini nobili, i bianchetti.
Simbolo di questa rinascita culturale e gastronomica è senza dubbio Giuseppe Lolli, che con passione e caparbietà ha scoperto una tipicità locale, il “tartufo bianco di Corigliano d’Otranto”, e si batte per il riconoscimento del marchio di origine che ne tuteli la specificità.

Insomma, speriamo di avervi fatto scoprire un altro lato di un territorio che non cessa mai di stupire e di regalare qualche tesoro, anche se talvolta.. sepolto!

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