Giufo Leo Torre Pinta 2

Torre Pinta: un mistero nascosto a due passi da Otranto

Capita spesso, in un territorio di tradizione mediterranea e di vocazione comunitaria come il Salento, che passaparola virtuosi consentano di scoprire o riscoprire luoghi unici nel loro genere, per fascino, storia, particolarità: luoghi al di fuori delle più famose e conosciute “cartoline dal Salento”, ma che forse proprio per questo meritano lo sforzo di essere promossi il più possibile. Il quotidiano online LecceSette, ad esempio, ha regalato ai lettori il piccolo ma bellissimo reportage fotografico su Torre Pinta di Giufo Leo, otrantino con una straordinaria passione per il colore e per la propria terra (ed un invidiabile talento per l’immagine).

Torre Pinta è un luogo nascosto, a due passi da Otranto, un ipogeo di origini incerte ma di sicuro fascino quasi gotico, celato nel sottosuolo dell’omonima torre e sconosciuto ai più.

Il sito è stato ri-scoperto nell’agosto del 1976 dall’architetto milanese Antonio Susini, il quale sostenne le numerose cellette esistenti ospitavano piccioni, allevati dai proprietari della vicina masseria: sebbene la posizione strategica del sito confermi la supposizione che si trattasse di colombi viaggiatori, al servizio del comando militare borbonico di presidio in Terra d’Otranto, il mancato ritrovamento di qualunque marcatore archeologico (monete, vasi, incisioni..) – un fatto davvero insolito – rende Torre Pinta un luogo ancora avvolto nel mistero.

Come ben spiegato anche sul sito del Comune di Otranto Torre Pinta rappresenta un esempio di torre colombaia edificata su un insediamento di epoca precedente, forse cristiano, come suggerisce la pianta a croce latina regolare. I tre bracci corti della croce sono orientati a Ovest, a Est e a Sud, mentre la buia galleria, lunga 33 metri, che corrisponde al braccio lungo della croce, è orientata verso Nord. Tutte le nicchie e l’ampio corridoio dal basso soffitto, presentano profonde incisioni provocate dalle unghie dei colombi. I loculi originari arrivano fino alla volta. Se ne aprono poi altri, più recenti. La torre vera e propria risale al Medioevo, ma ha subito successivi rifacimenti. Tale parte è sicuramente quella meno antica ed è caratterizzata da guglie orientali di ispirazione saracena, sulle quali, in passato, furono collocate le palle turche.

Osservando con attenzione è però possibile individuare alcuni indizi che richiamano direttamente alla cultura messapica: un forno utilizzato per la cremazione o per i sacrifici, centinaia di cavità adoperate come urne cinerarie e un sedile in pietra collocato lungo le pareti, utilizzato da questo popolo, secondo la loro usanza, per deporre i defunti seduti. L’origine messapica di tale struttura costituisce infatti oggi l’ipotesi più accreditata.

La torre è di proprietà privata, ma si può visitare mettendosi d’accordo con la proprietaria, che molto gentilmente è usa accompagnare i turisti che ne fanno richiesta.

La foto in copertina è stata scattata da Giufo Leo

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