Forse non tutti sanno che la città di Gallipoli, nel XVIII secolo, era uno dei nodi principali per lo scambio di una delle più importanti materie di scambio, tanto fondamentale e preziosa da fargli guadagnare l’appellativo di “oro salentino”: stiamo parlando dell’olio. Come spiega infatti la guida al territorio realizzata dal Gal Serre Salentine, nel 1771 in solo giorno potevano transitare nel porto della “Città Bella” fino a 60 vascelli carichi del prezioso liquido: per la maggior parte si trattava di olio lampante, destinato cioè all’alimentazione delle lampade, alla cardatura della lana o per la produzione di sapone, ma certo non mancavano anche i carichi di olio destinato alla tavola.
Un’importanza di carattere internazionale, tanto che ogni Stato interessato aveva aperto la sua sede per poter meglio commerciare; e nel 1870 la città poteva infatti contare ben 13 viceconsolati: Austria, Danimarca, Francia, Inghilterra,Impero ottomano, Paesi Bassi, Portogallo, Prussia, Russia, Spagna, Svezia, Norvegia e Turchia.
Se ci trova a trascorrere le vacanze a Gallipoli o nelle vicinanze, è possibile dunque – fra le altre cose – lanciarsi alla scoperta di questo originale itinerario turistico: il nostro consiglio è quello di iniziare proprio dai frantoi ipogei di Gallipoli, quello rinascimentale di Palazzo Granafei (risalente al 1600) oppure quello di Palazzo Briganti. Di particolare interesse anche il trappeto De Luca, a Casarano; il frantoio di via Carlo Alberto, a Matino; il trappeto Li Curti di Melissano, il frantoio di Palazzo Ferrari a Parabita e i frantoi comunali di Sannicola e Tuglie (ex Marulli).
Visitare un frantoio ipogeo è un modo originale per vivere la testimonianza di un’antica arte della produzione dell’olio, parte integrante del paesaggio e dell’architettura rurale che connotano il territorio salentino.
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